La vita è in costante movimento la dinamicità è inevitabile di conseguenza il cambiamento. A livello biologico, per esempio nell’essere umano, ogni giorno circa un grammo di cellule della cute vengono sostituite ed ogni minuto il midollo osseo produce milioni di nuovi globuli rossi. In molti organismi, infatti, lo sviluppo prosegue per tutta la durata della loro esistenza. (wikipedia). Ma non cambiamo solo a livello biologico un altro fattore importante è il cambiamento a livello psicologico. A chiarire questo aspetto ci aiuta la psicologia dello sviluppo che studia l’evoluzione e lo sviluppo del comportamento umano, dalla nascita alla morte. Serve aggiungere che la psicologia delle sviluppo cerca di rispondere a tre domande fondamentali: “Quando”, “Come” e “Perché”.
Inoltre La psicologia dello sviluppo o evolutiva, studia il processo di crescita o organizzazione delle persone, crescita fisica e psicologica. La psicologia dello sviluppo studia l’individuo dai 0 ai 20 anni tramite sei fasi, che sono:
- Periodo prenatale
- Infanzia (da 0 a 2 anni): neonato, infante, toddler (primi passi)
- Prima Fanciullezza (da 2 a 7 anni): Periodo Preoperatorio
- Seconda Fanciullezza (da 7 a 11 anni): Periodo operatorio
- Pre-adolescenza (da 11 a 13 anni): Periodo operatorio formale
- Adolescenza (da 13 ai 20 anni)
Il cambiamento e lo sviluppo sono dunque condizioni naturali e intrinseche all’essere umano. Spesso però quando affrontiamo la parola cambiamento, anche se generalmente condivisa da tutti, genera non poche resistenze. Vari sono i motivi per il quale resistiamo ai cambiamenti. Quello principale è il voler mantenere uno status quo raggiunto ma la resistenza può anche essere causata da fattori come la paura, l’insicurezza oppure da i dubbi relativi all’impatto che il cambiamento può avere sulla nostra esistenza. Anche se ricercato e richiesto le emozioni legate al cambiamento sono spesso di incertezza e sospensione. Cambiare richiede spesso apertura e flessibilità qualità che sono più semplici riscontrare nei primi 30 anni di vita.
Rifiuto (“ho sempre fatto così..perchè dovrei cambiare”)
Rinvio (“ora ho altri impegni, ci penserò domani”)
Indecisione ( “non so se è la cosa giusta”)
Sabotaggio nascosto (“occhio non vede, cuore non duole”)
Regressione (“è da stupidi rischiare”)
mentre sono 11 le ragioni per cui si resiste al cambiamento
- Malinteso circa la necessità di un cambiamento – Se le persone non capiscono il bisogno di un cambiamento ci si può aspettare la resistenza. Soprattutto da coloro che credono fortemente che il modo attuale di fare le cose funziona bene cosi perche e lo ha fatto per vent’anni in questo modo!
- La paura dell’ignoto – Uno dei motivi più comuni per la resistenza è la paura dell’ignoto. La gente prende solo misure attive verso l’ignoto se credono veramente, e forse ancora più importante, percepiscono, che i rischi di rimanere sulla stessa posizione sono ancora maggiori di quelle di andare avanti in una nuova direzione.
- La mancanza di competenze – Questo paura raramente viene amessa. Ma a volte, il cambiamento se è nel ambito lavorativo, prevede delle variazioni in termini di competenze, e alcune persone temono che non saranno in grado di effettuare tale transizione nel migliore dei modi.
- Collegato al vecchio modo di fare – Se si chiede alle persone di un’organizzazione oppure azienda di fare le cose in modo diverso e nuovo, per quanto la nuova procedura possa essere razionale, si teme di mettersi contro tutto ciò che rappresenta il vecchio modo di fare e contro tutte quelle connessioni emozionali e relazionali di coloro che ancora credono che fare le cose alla vecchia maniera sia quella giusta – è questo non è per nulla banale
- Bassa fiducia in sé stessi – Quando le persone non credono che essi siano in grado di gestire il cambiamento è molto probabile che si generi la resistenza
- Moda e tendenza temporanea – Quando la gente ha la convinzione che l’iniziativa al cambiamento è una moda temporanea oppure una tendenza del momento anche in questo caso probabilmente si genera resistenza
- Quando non si è parte in causa– Quando il cambiamento riguarda un gruppo, le persone che ne fanno parte, creano meno resistenza se si sentono parte attiva del cambiamento e non lo devono subire solo di riflesso. Alle persone piace sapere cosa sta succedendo. Una delle maggiori preoccupazioni riguarda soprattutto il timore che il cambiamento possa alterare lo status raggiunto all’interno del gruppo.
- Scarsa comunicazione – E ‘evidente, non è vero? Quando si tratta di gestione del cambiamento non c’è alcuna che possa funzionare meglio di un ottima comunicazione. Al contrario una scarsa comunicazione può generare fraintendimenti, chiusure, incomprensioni e di conseguenza resistenza.
- Modifiche alla routine – Quando si parla di comfort zone stiamo facendo riferimento alla routine. La amiamo. Ci conferisce un senso di sicurezza. Di conseguenza ogni volta che il cambiamento ci impone di fare le cose in modo diverso genereriamo resistenza.
- Rassegnazione – Non confondere il rispetto con l’accettazione. Le persone che sono sopraffatti dal cambiamento continuo si rassegnano. Esse si conformano al flusso. Quando questo accade il cambiamento avviene per inerzia e non per scelta consapevole. Tale atteggiamento genera un abbassamento della motivazione perche la percezione è quella di una vita che scorre verso direzioni che non sono quelle che veramente vorremmo.
- Vantaggi e benefici – Altre resistenza si genera quando si ritiene che i benefici e le ricompense per fare il cambiamento non sono adeguati all’energia utilizzata alla realizzazione del cambiamento.
L’operatore olistico come facilitatore del cambiamento
Ogni volta che come operatori olistici, ci relazioniamo con le nostre competenze ad una persona che
si rivolge a noi per essere aiutata, dobbiamo sempre prendere in considerazione il fatto, che la volontà al cambiamento è fondamentale per chi vuole ritrovare un rinnovato equilibrio. Il nostro sistema psicofisico crea equilibri continui sia interni (psicologici) che esterni (biologici). Anche nello squilibrio la vita cercherà un adattamento con l’intento di preservare la sua integrità. Le compensazioni sono dunque un atto dinamico nell’economia dell’equilibri, specialmente la dove, le condizioni esterne- interne o la combinazione di esse hanno portato ad una situazione di disagio. Tale disagio è un sintomo che ha la funzione di spingerci verso un cambiamento, atto importante, per creare un presupposto evolutivo.
Senza cambiamento non ci sarebbe progresso e la stasi porterebbe inevitabilmente alla stagnazione delle energie. Il sentirsi bloccati nella vita, il non procedere e spesso legato alla paura del cambiamento. Si preferisce rimanere statici nella propria comfort zone più che prendersi il rischio di cambiare e procedere. Come operatore olistico, bisogna sempre prima creare un quadro olistico della situazione, nel quale la persona che richiede il mio aiuto risiede. L’intervento deve essere un intervento di sostegno al cambiamento incentivando nella persona la presa di coscienza delle proprie risorse e potenzialità.
Mai commettere l’errore di fare per l’altro. L’operatore Olistico non deve mai assumersi la
responsabilità del cambiamento altrui. Aiutare l’altro al cambiamento richiede un lavoro quotidiano anche su sé stessi. Se non siamo noi primi a mettere in atto i suggerimenti che diamo agli altri, nelle nostre consulenze, come possiamo sperare di essere di aiuto? Cambiare fa parte del nostro piano evolutivo mentre il non cambiamento è legato all’attaccamento e alla paura di perdere le cose e i status quo acquisiti.
Il cambiamento è simbolicamente legato all’ignoto e alla morte ed è per questo che esso genere molta resistenza. Ma se andiamo per logica e comprendiamo, che la morte è un cambiamento essa stesso, e che nulla può essere trattenuto e posseduto in eterno allora potremmo alzare il velo di maya e intravedere la vera natura delle cose. Siamo tutti in cammino verso una destinazione ignota. L’idea di possesso e di attaccmento è la proiezione ingannevole di una realtà prodotta dalla mente con l’intento di contrastare la verità della morte e di tutto ciò che essa comporta. La verità però è che siamo in constante movimento ed accettare il cambiamento, per quanto a volte doloroso, è un passo fondamentale per vivere meglio.
“Le variabili non mutano mai, le costanti sì. “ Arthur Bloch
Graziano Scarascia
Referente Nazionale AICS DSTO – DBN
professional Coach ICF